Avviso a tutti i fashion lovers: stanno tornando di moda le sneakers più iconiche della storia recente, le Onitsuka Tiger. Ritornate in auge nel 2003 grazie all’impattante figura di Uma Thurman in “Kill Bill” le scarpe, grazie a un lungo, oculato e certosino lavoro del designer italiano Andrea Pompilio, si stanno ritagliando sempre più spazio nello street-style, giocando con la cultura cinematografica, nerd e gaming. Un giusto riconoscimento per un prodotto che, soprattutto agli inizi, è stato anche oggetto di una profonda contesa, per poi divenire item di culto, soprattutto per il grande schermo.
Una scarpa nata nel secondo dopoguerra da un’ispirazione particolare
Come sappiamo, la fine della Seconda Guerra Mondiale è contrassegnata dall’occupazione degli Stati Uniti in Giappone. Un fatto di enorme rilevanza storica che ha portato un profondo innesto della cultura degli States in Sol Levante, dalla musica al cinema passando chiaramente da sport come il basket e il baseball, quest’ultimo però già radicato nella vita nipponica da tempo. Sarà proprio però la disciplina cestistica ad ispirare il militare veterano Kihachiro Onitsuka, designer che nel 1949 fonda la Onitsuka Tiger, azienda nata con un obiettivo chiarissimo. Sviluppare il concetto di “Anima sana in corpore sano“, voluta variazione del detto “Mens sana in corpore sano”, utile per aiutare e incoraggiare i giovani all’attività fisica, cancellando così il senso di frustrazione e di profondo shock che aleggiava in Oriente proprio dopo il secondo conflitto bellico.
La gestazione delle tanto amate Tiger ha un retroscena oltremodo spassoso
In seguito a svariati tentativi mai andati a buon fine in fase di progettazione, lo stilista riceve una folgorazione lampante davanti a una gustosa insalata di polpo, pensando subito che la vera arma vincente delle sue sneaker sarà la suola, la quale dovrà essere dotata di più attrito rispetto alla calzature concorrenti. Un buon colpo per venire incontro alle esigenze degli sportivi e superare i brand concorrenti. Nel giro dei pochi anni, realizzando proprio il suo obiettivo, le Onistsuka Tiger diventeranno le prime scarpe da basket ufficiali prodotte in Giappone, tanto da essere utilizzate anche dalla squadra di basket alle Olimpiadi di Melbourne 56. Ma c’è di più… Anni più tardi Onitsuka intavolò un progetto per ovviare la sudorazione ai piedi inventando la geniale suola interna perforata e traspirante.
La diatriba con Nike
I più attenti si saranno accorti di un particolare rilevante ovvero la somiglianza di modelli come Mexico 66 o Tai Chi con un’altra sneakers entrata nell’immaginario collettivo: la Nike Cortez. E il motivo è presto spiegato. Non tutti sanno infatti che l’iconica Cortez prende vita grazie proprio all’inventiva di Onitsuka Tiger e di quella che sarebbe poi diventata la Nike, un tempo chiamata semplicemente Blue Ribbon Sports, fondata dal duo Phil Knight e Bill Bowerman. Proprio così. Nel 1964, grazie all’azienda statunitense, il brand nipponico approda oltreoceano realizzando nel 1966 un nuovo modello con il logo di Tiger, chiamato prima con un nome troppo lungo, poi nominato semplicemente “Mexico”, in riferimento alle mitiche Olimpiadi Messico 1968. Grazie proprio alla spinta della rassegna a cinque cerchi la scarpa ottenne un successo clamoroso, diffondendosi a macchia d’olio in tutto il mondo.
Sarà in questo contesto che si deciderà di cambiare ancora nome,
rendendolo più accattivante. Forti dell’impatto sul mercato, Bowerman e compagni decideranno quindi di chiamare la scarpa “Cortez”, un modo per dare una spallata concorrenziale all’Atzeca Gold di Adidas. Il nome Hernan Cortès è scelto infatti proprio in omaggio al capo della spedizione che sconfisse e decretò la fine dell’impero azteco. Tutti contenti fino al 1971, anno in cui Boweman e Knight rinfrescano l’immagine della loro azienda mutando il nome da Blue Ribbon a Nike Inc, togliendo però dalla Cortez il logo Tiger sostituendolo con il celeberrimo baffo. Onistsuka, chiaramente, non la prese bene, intraprendendo una battaglia legale conclusa con una sconfitta: nel 1974, infatti, il giudice diede pienamente ragione agli statunitensi.
La storia di Onitsuka Tiger si fortifica con la nascita di Asics e l’influenza del mondo del Cinema
Incassato il colpo, il cammino di Onitsuka Tiger non si arresta, proseguendo a gonfie vele la sua ascesa. L’anno spartiacque sarà il 1977, annata in cui si segna la fondazione tra Tiger, GTO e Jelenik da cui nasce il gruppo Asics. Quest’ultimo poco più tardi lancia la famosissima tecnologia gel, capendo con almeno vent’anni di anticipo le esigenze principali dei runner. Il design minimale ma incredibilmente estetico delle scarpe Tiger attrae inesorabilmente anche il mondo del cinema. Non a caso nel 1966 sono indossate ne “L’ultimo combattimento di Chen” da uno sfavillante Bruce Lee, splendido in scena con un completo giallo a strisce nere. L’outfit sarà ripreso sotto forma di tributo anche da Quentin Tarantino in “Kill Bill”, dove compare una meravigliosa Uma Thurman esattamente con lo stesso look di Lee con ai piedi le Onitsuka Tiger Tai-Chi.
Negli ultimi tempi il brand,
grazie anche ad alcune manovre di marketing perfettamente centrate, si è reso un elemento indispensabile nella cultura nerd e dei videogiochi (gaming). Recentemente, infatti, è stato annunciato che un uovo modello chunky di Tiger verrà indossato da Lamù, anime (produzione audiovisiva d’animazione giapponese) di cui è atteso il reboot prossimamente. Da segnalare poi la collaborazione con Street fighter 6, videogioco in uscita nel 2023 in cui due personaggi (Chun-Li e Kimberly Will Star) sono stati progettati con indosso le Onitskuka Tiger Mexico 66. A tutto questo si aggiunge l’ottimo riscontro della linea di abbigliamento, curata da Andrea Pompilio, ormai radicata nella settimana della moda di Milano e famosa per un mood essenziale-sporty che, in modo oculato, cerca di ripercorrere la storia di Onitsuka Tiger con eleganza e rispetto. Un modo per conquistare in modo definitivo il mercato del vecchio continente. E i presupposti per riuscirci ci sono tutti.
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