A Bologna
, è in scena la mostra Folgorazioni Figurative, in occasione del centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, avvenuta il 5 marzo 1922. Sarà possibile visitarla fino al 16 ottobre 2022, presso il nuovo spazio espositivo del Sottopasso di Piazza Re Enzo. Si tratta senz’altro di un’occasione importante, -ma anche inedita-, per riscoprire un coltissimo artista, un grande intellettuale, nonché un regista e poeta davvero importante per l’Italia, brutalmente ucciso a Ostia il 2 novembre 1975. La mostra – curata da Marco Antonio Bazzocchi, Roberto Chiesi e Gian Luca Farinelli – è promossa dalla Cineteca di Bologna.
In che modo l’arte entra nell’opera cinematografica di Pasolini
Tutta la penisola sta cercando, -ogni città a modo suo-, di omaggiare questa complessa personalità del secolo passato, tra le più odiate e amate del Novecento. Una figura che ancora oggi divide e anima dibattiti, per la natura corsara del poeta. Bologna, sua città natale, non poteva non distinguersi. Infatti, la mostra in questione, unica nel suo genere, è molto interessante perché indaga il rapporto del regista con la storia dell’arte, di cui dimostra una conoscenza incredibile. Precisamente, questo grande scrittore e regista era un esperto conoscitore dell’arte dal Medioevo al Rinascimento facendone tesoro all’interno dei suoi film.
Una delle scene più conosciute appartiene sicuramente al film La ricotta del 1963, nel quale recitò persino il regista e attore Orson Wells. In questa scena, vi era una riproposizione del celebre dipinto di Rosso Fiorentino, la Deposizione, ora è presente nella Pinacoteca civica di Volterra. Una delle tante prove di una profonda conoscenza dell’arte italiana da parte di questo grande regista, bolognese di nascita ma romano di adozione.
Meno nota è, invece, la scena dei farisei presente ne “Il vangelo secondo Matteo”. Ad essere presenti sono i farisei, mostrati mentre stanno tramando per far crocifiggere Cristo, è una riproposizione di un dipinto meno noto del precedente: Esaltazione della Croce di Piero della Francesca. Dal dipinto in questione, Pasolini aveva ripreso il dettaglio degli uomini con copricapo, per poi rifarsi al loro abbigliamento per i farisei. Si tratta, però, di uno dei tanti esempi presenti nell’opera cinematografica del regista, che la mostra ricostruisce attraverso un confronto tra opera d’arte e scena recuperata dal film. Un percorso che va dalla sua prima pellicola Accattone del 1961 sino al suo ultimo film Salò e le 120 giornate di Sodoma, del 1975.
Le lezioni di storia dell’arte all’università
La mostra vuol analizzare la grande influenza che l’arte figurativa ha avuto sull’estetica pasoliniana, un aspetto che non è mai stato così debitamente approfondito e che non poteva esserlo se non nella città in cui Pasolini ha compiuto i suoi studi più importanti e dove ha scoperto e coltivato il suo grande amore per la storia dell’arte. Infatti, questo poeta aveva anche seguito dei corsi di Storia dell’Arte presso l’Università di Bologna, nel 1940, seguendo con interesse le lezioni di Roberto Longhi.
Roberto Longhi: il fautore di questo grande amore
Longhi aveva un modo davvero innovativo in quei tempi per spiegare le opere d’arte. Aveva un ristretto gruppo di studenti a Bologna, in via Zamboni 33, cui insegnava i caratteri generali e particolari dei pittori del Medio Evo e Rinascimento, generando in Pasolini un grandissimo amore per quel periodo. Longhi, infatti, proiettava i dipinti, metodo di insegnamento che all’epoca era il solo a seguire, ma che si rivelò parecchio efficace. Infatti, così uno dei curatori della mostra, Marco Antonio Bazzocchi, scrive nel saggio introduttivo presente nel catalogo della mostra:
“Nell’autunno del 1941, a Bologna, in via Zamboni 33, ha spiegato a un ristrettissimo gruppo di studenti le differenze tra la pittura di Masaccio e quella di Masolino. Per farlo ha usato una tecnica critica assolutamente nuova, proiettando sullo schermo dell’aula i vetrini che riproducono le immagini di alcuni particolari delle opere d’arte analizzate. Lì, dai particolari, dai frammenti di un’opera, Longhi ricostruisce lo stile dell’artista, sa distinguere le fasi del suo percorso, le sa mettere in rapporto con quello che viene prima ma anche con quello che verrà poi. Particolari e frammenti di realtà, un viso, una mano, un lembo di veste. Corpi sezionati, esaminati a pezzi, osservati come oggetti d’amore.”
Le Folgorazioni Figurative di Pasolini
Da qui, la “folgorazione figurativa” del regista, che ha dato il nome alla mostra. Per Pasolini, da quel momento ha inizio un amore che non mancherà di mostrare nelle sue opere cinematografiche. Le scene dei suoi film rimanderanno sempre, esplicitamente o implicitamente, a delle opere d’arte, che lui avrà avuto modo di studiare grazie a questo grande storico dell’arte italiana, rendendo i suoi film quasi un manuale d’arte cinematografico. Pasolini sentirà presto il bisogno di uscire da Bologna, di conoscere i tanti aspetti che ignora del mondo, complice proprio questo nascente amore. Farà, insomma, quanto mai ribollire quel bisogno interiore che ha il regista di uscire dal noto per gettarsi a capofitto nell’ignoto.
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