C’è poco da fare. Tra Francia e Italia ci sarà sempre una competizione molto, molto agguerrita. Questo discorso non vale certo solo per il mondo calcistico, per chi è appassionato (e per chi si ricorda quello che accadde nel 2006 ai Mondiali in Germania). Lo scontro fra noi e i nostri cugini d’Oltralpe si gioca anche e soprattutto a tavola; infatti la storia e le origini dello champagne sono di certo uno degli argomenti più caldi in questo senso.
Qual’è la storia, dunque, e le origini dello champagne? Nasce in Francia o in Italia?
Non c’è dubbio che la risposta a questa domanda sia piuttosto complessa. Proviamo dunque a fare chiarezza su questo tema così scottante per tutti gli appassionati della materia e per i puristi. Lo Champagne è il vino più famoso al mondo con denominazione di origine controllata. Questo significa che non tutti i vini frizzanti possono definirsi tali. Al contrario, solo ed esclusivamente i vini elaborati tramite il cosiddetto metodo champenoise possono essere chiamati champagne tout court.
Esistono infatti alcune regole molto precise e stringenti che definiscono cosa possa essere chiamato champagne e cosa no. Tra i criteri sui quali vale la pena fare attenzione ci sono il processo di vinificazione, la vendita, il ciclo di produzione del vino e le condizioni in cui i vitigni vengono fatti crescere. La zona di produzione dello Champagne è, come suggerisce il nome, l’omonima regione francese. Qui, fra le città di Troyes, Reims e Chalons en Champagne (per una zona che ha un’estensione totale di circa 35 mila ettari) si produce la maggior parte dei vini champagne che tutto il mondo degusta.
Posti i limiti geografici, quali sono i limiti, per così dire, storici di questo pregiato vino?
Nel caso più specifico, a chi si deve l’invenzione e quali sono i punti di connessione con il nostro spumante? La paternità dello champagne è legata alla geniale intuizione di un religioso, Dom Pierre Pérignon. Quella dello champagne da questo punto di vista è una storia più unica che rara, visto che non era praticamente mai accaduto che l’invenzione di un prodotto eno-gastronomico potesse essere effettivamente riconducibile ad una singola persona.
Il metodo champenoise inventato da Dom Pierre Pérignon
consiste nella produzione di questo specifico tipo di vino frizzante e spumoso grazie alla fermentazione in bottiglia, tramite particolari lieviti selezionati e zuccheri. Su questo, dunque, non esistono dubbi: la nascita del vino champagne come lo conosciamo oggi è francese. Un’altra curiosità: Dom Pérignon non inventò soltanto lo champagne; alla Francia, infatti, dobbiamo anche l’idea di chiudere le bottiglie con un tappo di sughero, quando fino a quel momento venivano sigillate con stoppa e cera fusa.
L’Italia, dunque, arriverà molto, molto dopo alla Francia in questa sfida all’ultima bollicina.
Se l’invenzione dello champagne francese risale alla prima metà del ‘700, bisognerà attendere fino al 1865 per vedere i primi veri esempi di spumante nel nostro Paese. I primi sorsi di spumante (ai tempi chiamato furbescamnte “champagne italiano”) verranno bevuti nel nostro Paese grazie al lavoro dei fratelli Gancia e al Conte Augusto di Vistarino. Viene però da chiedersi, a questo punto, quali fossero le differenze fra i due prodotti.
Gli italiani avevano davvero copiato il prodotto nato Oltralpe? Non proprio. Per la versione italiana dello champagne si preferì evitare l’utilizzo di particolari sciroppi utilizzati dai produttori francesi. In questo modo, i produttori italiani diedero vita ad uno spumante a base di moscato che risultata migliore rispetto allo champagne e, soprattutto, poteva essere prodotto a costi più contenuti.
L’exploit dello spumante italiano avviene ai primi anni del ‘900.
Proprio in questo periodo nacquero in tutta Italia le prime grandi case produttrici. Da Giulio Ferrari di Trento, passando per Antinori, Cinzano e Contratto. Ad oggi, le produzioni più celebri restano quelle di Franciacorta, Prosecco Valdobbiadene e Trento Doc. Quest’ultimo, in particolare, è stato il primo spumante metodo classico italiano ad ottenere la prestigiosa denominazione DOC nel 1993.
Che sia champagne o prosecco, in ogni caso, oggi questi tipi di vini vengono classificati tutti sotto il termine ombrello di “bollicine”. La differenza fra champagne e spumante, in ogni caso, non è legato solo alla provenienza delle uve. Lo spumante italiano può in effetti nascere anche da più di un metodo di produzione: oltre alla fermentazione in bottiglia c’è anche il cosiddetto metodo “in autoclave”, che di norma si predilige con uve più aromatiche, come nel caso di Moscato e Malvasia.
Ma in questa sfida così avvincente, chi la spunta?
Anche se dobbiamo ammettere che l’idea originale non è nata nel nostro Paese, l’Italia ancora oggi domina il mercato delle bollicine. In base ad alcune recenti analisi, infatti, lo spumante oggi è di gran lunga il vino preferito all’estero e resiste contro il suo più acerrimo competitor champagne. Nel 2019, per la prima volta, è stato superato il record storico annuale di vendita di spumante italiano all’estero, con vendite per oltre 560 milioni di bottiglie. C’è un però… Nonostante sia di gran lunga più apprezzato oltre i nostri confini, lo spumante resta paradossalmente molto più caro all’estero rispetto allo champagne. Lo scontro, insomma, si gioca anche sugli scaffali. La vittoria finale la decreteranno, in buona sostanza, i consumatori: dipenderà tutto non solo dal loro palato ma anche, ovviamente, dai loro portafogli.
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