Marrakech è tra i luoghi di interesse più sognato da intere generazioni di viaggiatori, un punto di frontiera, un universo segreto; seducente e inafferrabile paese tra luci e ombre. Costruita da africani, berberi e arabi in funzione dei loro commerci, si trova in una zona strategica al limite tra la pianura e le prime falde dell’Atlante. Considerata la città avamposto per eccellenza alle porte del Sahara e dell’Africa Nera. La barbara cerchia di mura rosse che delimita la città, cela affascinanti sorprese urbanistiche e luoghi che la rendono nota agli occidentali.
Nel cuore della Medina.
Il centro di Marrakech si dirama dalla grande piazza Djemaa el-Fnaa, dove un tempo avvenivano le esecuzioni capitali. Le credenze locali la vogliono quindi frequentata dalle anime inquiete dei giustiziati. Forse per questo motivo, la vasta e irregolare cornice vive presidiata da un aura di mistero arcaico fatto di incantatori di serpenti e acrobati; venditori di acqua e cantastorie; scrivani seduti all’ombra e profeti visionari; capre, cavalli e scimmie ammaestrate, gente in visita e in fuga, mercanti e trafficanti. In questa atmosfera caotica, con immutato smarrimento si muovono i turisti, che devono affrontare la marea umana che si riversa all’ora del tramonto, per comprenderne l’incanto. A ridosso si apre il Souk, mercato sconfinato e labirintico, probabilmente il più bello di tutto il mondo arabo.
Percorrerlo significa attraversare in più direzioni una gran parte della città vecchia, la Medina, per trovarsi poi improvvisamente di fronte a palazzi straordinari e antichi. “Fili invisibili tesi dai Sette Santi di Marrakech tengono prigionieri i cuori dei forestieri che ci si avventurano per la prima volta”, così dice la credenza popolare e forse è proprio vero, magicamente vero. La fascinazione di Marrakech, suadente come le melodie di sottofondo, non ha smesso di attrarre creativi e gente comune, incantati da un’atmosfera che mischia con ironia smaliziata sacro e profano.
Una grande alchimia.
Ci sono luoghi di Marrakech che sembrano congelati nel tempo, sembra di rivivere l’epoca coloniale. A colpire è soprattutto la luce, fatta di contrasti e ombre che forgiano gli angoli di questa magica città; le lanterne che proiettano ombre, la fresca penombra del labirinto del Souk che sbuca nell’accecante sole che illumina le corti dei Riad.
La luce dell’Africa che, quando il cielo è limpido, non ha rivali.
Ogni dettaglio sembra forgiato dalla luce e dai colori accesi, infuocati e sempre polverosi: dal terracotta al senape e al giallo zafferano; dal mattone al rosso borgogna delle spezie fuori dai negozi. Un arcobaleno cromatico, che colpì dritto al cuore Yves Saint Laurent, quando approdò per la prima volta a Marrakech nel 1966, insieme al suo compagno di vita Pierre Bergè.
“Prima di Marrakech tutto era nero. Questa città mi ha insegnato cosa sono i colori e ho abbracciato la sua luce, le sfacciate contraddizioni e le sue intense invenzioni”
(Yves Saint Laurent)
Insieme decisero di acquistare subito una casa e anche grazie a lui la città ha vissuto influssi creativi. Nel 2017 si è anche inaugurato il Musée Yves Saint Laurent voluto da Pierre Bergè.
Per chi vuole andare alla ricerca di atelier artigiani, come era solito fare Yves, qui non ha che l’imbarazzo della scelta tra laboratori e botteghe: da quelle del legno alle concerie e poi tappeti, tessuti e caftani. C’è sapere artigiano ovunque.
Fa parte integrante dell’incanto anche il profumo, perché la città è una mappa olfattiva senza paragoni. Profumo fiori d’arancio, di cumino, curry, coriandolo, zenzero e cannella, l’odore di tajine di pollo al limone, di agnello e di pelle; l’aroma di tè alla menta, che ha ispirato lo scrittore Paul Bowles per il suo romanzo “Il tè nel deserto”, al suo arrivo in Marocco. Si può andare a Marrakech anche solo per vedere le cicogne. Una vecchia leggenda berbera racconta che questi uccelli sono esseri umani che si allontano per lunghi periodi in cerca di altri mondi. Ci insegnano che la migrazione non è un semplice spostamento da un luogo all’altro ma un vero e proprio viaggio e, come tale, ha il potere di cambiare chi lo compie. Le cicogne sono animali sacri e protetti, con i loro ampi voli circolari arricchiscono il cielo marocchino di grazia e leggiadria.
L’ammaliante magia del deserto con i suoi silenzi che parlano di vento e la meraviglia delle notti stellate.
Di questa località, di cui ci si può innamorare ancora prima di arrivarci, fa parte anche il deserto con il suo fascino esotico e meno turistico. Lungo le falde orientali della catena dell’Atlante, alta e severa, ricca di valli secondarie in cui si nascondono comunità antichissime, ci sono le gole rosso fuoco del Dadès e i canyons dello Ziz. Esistono centinaia di oasi e di villaggi fortificati chiamati Ksar, con mercati dedicati alla popolazione e disinteressati al turismo.
Alcuni luoghi di interesse vicino a Marrakech hanno nomi conosciuti
come Ouarzazate e Zagora, dove illustri registi hanno girato capolavori come “Lawrence d’Arabia”, “Il gladiatore“, “Kundun” e “Babele”, “Prison Break”, altri sono invece sconosciuti. Alle porte del deserto marocchino, dove termina il fiume Draa, che scompare nella sabbia ancora prima di raggiungere l’oceano, ci si imbatte in un cartello alquanto folkloristico che informa i viaggiatori che mancano cinquantadue giorni di cammello a Timbuctù. Viaggio tra passato e futuro, tra jet e cammelli, la visita in questo paese è punto di fuga e di scoperta.
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