Il pianeta azzurro, la terra, sta soffrendo a causa dell’inquinamento ambientale. Il WWF, infatti, segnala un pericolosa acidificazione delle acque del mare con un aumento della temperatura globale degli oceani ed emissioni di CO2.
Pochi sanno che metà dell’ossigeno prodotto proviene da fotosintetizzatori come alghe e fitoplancton marini.
Pesticidi e concimi presenti nei terreni finiscono, inoltre, nelle falde acquifere, contaminandole di sostanze tossiche.
La moda è la seconda industria più inquinante al mondo.
Moda ecologica ed etica in futuro
le aziende si orientano verso principi a basso impatto ambientale.
La moda sostenibile ha l’obiettivo di instaurare un rapporto armonioso con l’ambiente.
L’associazione Greenpeace si batte contro le tecniche impattanti del settore tessile a partire da 2011.
Fonda “Panni Sporchi”: iniziativa volta a ripulire le acque reflue da sostanze nocive.
Le sostanze incriminate sono all’incirca 11, fra cui: alchilfenoli, ftalati, bromurati e paraffine clorurate a catena corta, nonché metalli pesanti.
Capi d’abbigliamento prodotti con determinati agenti inquinanti, possono creare gravi danni alla salute.
Non essendo sostanze biodegradabili si determina il cosiddetto “bioaccumulo”, ovvero un processo attraverso il quale tali sostanze vengono assorbite dalla pelle causando l’insorgere di malattie.
Alcune delle componenti, infatti, sono cancerogene e agiscono sul sistema ormonale modificandolo geneticamente.
E’ un nuovo modo di educare la filiera tessile, dai fornitori ai produttori, a un lavoro etico delle risorse ambientali.
La moda etica ecologica e sostenibile
Molti brand e stabilimenti produttivi da Benetton, H&M, Nike, Puma, Adidas, Valentino stanno intraprendendo un percorso aziendale volto alla salute dell’ambiente.
Piccole e medie aziende investono nella ricerca di tessuti naturali, prodotti nel rispetto dei cicli circadiani di madre terra, e con l’impiego di acqua purificata durante il processo di produzione.
Questo assicura agli acquirenti qualità e affidabilità dei prodotti.
Per garantire una moda responsabile è necessaria trasparenza da parte delle aziende, ed etichette che forniscano ai consumatori dettagli fondamentali del ciclo produttivo.
Si può vestire etico e creare l’ideale di una moda sociale, con collaborazioni umanitarie che abbiano a cuore tante comunità e paesi sottosviluppati.
Certificazioni ad hoc
La Global organic textile standard (Gots) è leader mondiale nella definizione dei criteri ambientali e sociali che riguardano la produzione di fibre organiche, fino all’etichettatura.
Verifica l’assenza di sostanze tossiche o non biodegradabili.
Esistono anche Certificazioni Global recycle per una moda etica e sostenibile.
Certificazioni per materiali riciclati che sono gestiti in Italia da Icea (Istituto per la certificazione etica e ambientale), che controlla le attività di riciclo ottenute da processi di lavorazione ecologici.
Vestire fashion, ma rispettando l’ambiente.
Il futuro della moda, delle prossime generazioni di marchi e brand, è nella sostenibilità ecologica dei tessuti.
Stella McCartney ha lanciato la campagna Luxury label.
Produce capi d’abbigliamento glamour senza utilizzare derivati animali. L’azienda ha ideato shaggy deer, un tessuto dell’It Bag Falabella che assomiglia al camoscio.
Ratajkowski e Gigi Hadid sono tra i brand di moda ecosostenibile più in voga del momento.
Reformation è il marchio americano prodotto con fibre e materie prime di alta qualità per garantire accessori certificati.
L’etica, a volte, è anche una questione di etichetta.
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