Demna Gvasalia realizza una collezione Balenciaga SS20 alquanto stravagante. Ma qual è il suo messaggio?
L’estrema collezione Balenciaga SS20, Demna Gvasalia stupisce il Parlamento Europeo
Si parla spesso di collezioni insulse, prive di riferimenti alla storia del costume degni di nota; povere di struttura progettuale solida e convalidate in una moda sempre più fast che smart.
Demna Gvasalia, però, eccede in protagonismo e la sua collezione firmata per la griffe francese risulta complessa.
Lo stilista tedesco di origini georgiane, classe 1981, con lo show presentato nei meandri del Parlamento Europeo, riconferma la sua influenza nel mondo della moda.
Dopo l’addio a Vetements, marchio co-fondato con il fratello Guram Gvasalia, il giovane designer ha suscitato non poche polemiche.
“Ho iniziato con Vetements perché ero annoiato dalla moda e contro ogni mia previsione la moda è cambiata una volta per sempre da quando è comparso Vetements“.
Che questa affermazione sia indice di un ego incontrollato? Potrebbe essere così, oppure l’esatto contrario. Una certezza comunque è appurata: Demna Gvasalia, ad ogni presentazione, lascia dietro sé una serie di critiche. E non sono sempre costruttive.
Studi alla Royal Academy of Fine Arts Antwerp in Belgio (accademia artistica frequentata anche da Dries van Noten e Ann Demeleumeester), Demna debutta per la prima volta in Maison Martin Margiela. Per la griffe contribuisce sino al 2013. Successivamente collabora al successo di Louis Vuitton, Maison che lascia nelle mani di Virgil Abloh.
In Balenciaga, Demna si contraddistingue per un estro creativo fuori controllo, eccezionalmente creativo.
La collezione Balenciaga alla PFW SS20
Revival anni Ottanta con accenni ad una severità arguta. Il progetto creativo del noto designer tedesco è austero.
Risulta evidente, dunque, che la collezione individualista proposta dall’azienda fondata da Cristóbal Balenciaga nel 1919, sia grave nei confronti dell’omologazione.
Il progetto rivolge lo sguardo agli abiti indossati dai politici durante le campagne elettorali. Si cerca, dunque, di mascherare una certa austerità, propria di chi svolge un ruolo di primo piano nel mondo politico.
“Abbiamo preso questo tipo di abiti da giorno su misura e abbiamo cercato di renderlo più cool, con volumi democratici e facili da indossare: non è una sfida semplice, ad essere sinceri“, commenta il direttore creativo.
Le giacche dalle volumetrie over sembrano una reinterpretazione della collezione “Jacket of light” o degli abiti in taffettà neri di cui lui ne era pioniere di tale tendenza nel 1951.
La scenografia asettica, accesa da alcuni riflettori che puntano su un azzurro ceruleo, evidenzia la severità composta esibita in passerella.
I look parlano un linguaggio anticonformista, per citare il poeta Giuseppe Ungaretti, ermetico.
“Esprimersi nella moda oggi è più difficile di quanto non lo fosse dieci anni fa e anche più di vent’anni fa. D’ora in poi dobbiamo produrre grandi idee, sempre più rapidamente, per attirare l’attenzione, per essere visibili”, sostiene.
In passerella sfila un prêt-à-porter rivolto a donne e uomini. Tailleur con giacche strutturate e spalle ben disegnate, abbinate a pantaloni dal taglio maschile. Look ton sur ton che lasciano davvero poco spazio a sfumature di colori vibranti.
Eccezion fatta di un abito vitaminico e di un accenno di rosso acceso, il resto della collezione è cupa, rigida.
L’estro creativo del designer tedesco esplode con gli abiti vaporosi realizzati in crinolina amovibile. Long dress da red carpet realizzati in tessuto metallico – o in rosso porpora – che non passano certamente inosservati.
La moda, oggi, pare abbia bisogno di esprime un dissenso nei confronti della frivolezza. La richiesta di autorevolezza è chiara. Di stagione in stagione, come conferma il progetto creativo realizzato da Gvasalia, il fashion biz si pone al centro di un dibattito sempre più ridondante nella società odierna.
Sarà possibile riconquistare la credibilità perduta?