Definire cos’è il “no show” è veramente facile, la traduzione è sufficientemente esaustiva e definisce quello che succede quando un cliente, pur avendo prenotato un tavolo al ristorante, non si presenta senza aver prima annullato con sufficiente anticipo. È diventato così diffuso che è persino diventato un verbo: “to no show”.

Sembrerebbero numerosi gli avventori avvezzi a prenotare diverse strutture, per poi scegliere all’ultimo minuto, senza preoccuparsi di avvisare.

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Chi si dimentica della prenotazione, chi disdice all’ultimo minuto, quello a cui proprio non importa, o chi si vergogna di telefonare, e, non da ultimo, chi sfortunatamente ha avuto veramente un imprevisto (cliente ovviamente scusato). Nella loro mente, c’è solo un tavolo: se lo hanno lasciato vuoto, qualcun altro lo riempirà sicuramente. Sfortunatamente, non è così che funziona. I ristoranti non possono occupare un tavolo prenotato con un altro commensale per almeno 15-20 minuti dopo l’orario di prenotazione, ciò significa che, con tutta probabilità, rimarrà vuoto.

Il no show è un problema serio? E’ un problema nuovo?

Sicuramente non è nuovo, un certo numero di mancati arrivi malgrado le prenotazioni sono sempre esistiti. Quando il no show rimane un episodio isolato rientra nella percentuale di rischio che qualsiasi ristorante include nella sua attività. Il problema sorge quando fa parte di un modello comportamentale diffuso, come in questo periodo post emergenza sanitaria, nel quale sembra che la percentuale sia aumentata a dismisura, tanto da divenire un grattacapo serio. Un fenomeno che pur affliggendo tutto il comparto della ristorazione in maniera generalizzata, non pesa su tutti nello stesso modo. E’ un problema che affligge soprattutto i ristoranti che non si trovano in luoghi di grande passaggio e che quindi lavorano quasi esclusivamente attraverso le prenotazioni e per i quali l’overbooking è inesistente. Non potendo nemmeno contare sul cliente “walk-in”, -ossia di passaggio-, per questa categoria di ristoratori anche l’annullamento last minute è da considerarsi come “no show”.

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Un danno economico e morale.

Il no show non controllato può innescare un effetto a catena nel delicato assetto di un ristorante e causare perdite per migliaia di euro mensili, ma l’impatto non riguarda solo il fatturato. Una mancata presentazione ha conseguenze che vanno oltre il danno economico. Influisce sullo spreco di cibo, sulla guest experience e sulla cultura dei ristoranti in generale; si ripercuote anche sulla filiera: sui dipendenti e sui fornitori. Un no-show significa ore di lavoro buttato e uno spreco di capacità di professionisti che dalla mattina a metà pomeriggio si occupano delle preparazioni. Molti ristoranti fanno a mano tutto ciò che serve e acquistano le quantità proprio in base alle prenotazioni.

“Dobbiamo sempre fare del nostro meglio per i commensali, quindi, quando non si fanno vedere è uno schiaffo in faccia. Fa male. Siamo tutti demoralizzati”

dichiara un ristoratore.

“Mi arrabbio quando qualcuno non si presenta, e poi magari finisce che sono più stressato del solito e questo può influire sullo staff e sull’intero ristorante”

commenta un altro.

In Inghilterra su twitter è stata addirittura lanciata una campagna con hastag #StopNoShow. Da allora molti chef e proprietari di ristoranti hanno condiviso le proprie frustrazioni ed esperienze. La consapevolezza da parte dei clienti svolge indubbiamente un ruolo importante nella riduzione del problema, ma resta da vedere se la campagna #StopNoShow sui social media si rivelerà almeno un parziale rimedio. Certo è, che la consapevolezza non basta se non si mette in atto anche l’empatia.

Cos’è che potrebbe aiutare a diminuire il fenomeno no show di un ristorante?

I ristoranti colpiti stanno considerando varie opzioni. Rendere le cancellazioni più semplici potrebbe essere un’opzione, che in parte è già stata messa in atto con l’avvento dei portali di prenotazione come “The Fork” o “Just Eat Italy”. In realtà, sembra si stia rivelando controproducente; il boom delle piattaforme ha indebolito il vincolo morale nei confronti del ristoratore, finendo per aggravare il fenomeno, incoraggiando a fare più prenotazioni e annullare all’ultimissimo minuto. Si parla anche di prenotazione rafforzata che includerebbe una penale in caso di mancata presenza senza preavviso; oppure di richiesta della carta di credito in fase di prenotazione. Tutte strategie che non farebbero altro che allontanare i clienti, estremizzando la tendenza  a comunicazioni asettiche e punitive; si spera sempre di non dover arrivare a tanto e di potersi fidare delle persone.

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Ci sono altre soluzioni che risalgono all’era pre-digitale.

I ristoranti sono spazi in cui viene offerta ospitalità e l’ospitalità richiede un certo grado di fiducia. Che si tratti dei sistemi di prenotazione online o delle penali per le mancate presenze, si stanno considerando solo modi per creare barriere dove prima non c’erano. Non sembra la strada giusta per consolidare il rapporto tra avventori e ristoratori in un contesto come quello del cibo che, culturalmente, è sempre stato associato al piacere e alla buona compagnia. Per questo c’è chi preferisce adottare un sistema di recall e sms di promemoria, cogliendo anche l’occasione per informarsi su intolleranze, particolari ricorrenze e preferenze. Un modo per attuare anche una personalissima customer care -”cura del cliente”-. I legami di fiducia sono il miglior deterrente ai no show, nessun asettico clik può sostituire il valore di un rapporto personale. Per quanto riguarda noi clienti cos’è che dobbiamo realmente considerare oltre all’empatia? L’ospitalità dovrebbe riguardare il rispetto reciproco e non la servibilità; il no-show al ristorante è sintomo di cattiva educazione, insomma una questione di cultura e di buon senso.

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