Il prossimo appuntamento con Francesca Michielin sarà una nuova occasione per vedere dal vivo l’astro nascente del pop italiano al femminile.
Chiave di volta della carriera, il concerto al Fabrique di Milano, dove Francesca Michielin aveva già cantato un anno e mezzo fa.
Ma ora il pubblico è maggiore. L’abbiamo incontrata e ci ha raccontato qualcosa di più per i lettori di Life&People Magazine.
Che effetto ti ha fatto vedere così tanta gente di fronte a te?
Quello del Fabrique è stato il concerto più grosso della mia vita. Infatti, vedere tutte quelle persone cantare le mie canzoni è stata una sorpresa enorme e una grandissima emozione. Sto notando con piacere che in questi concerti la gente canta anche i pezzi che credevo fossero meno conosciuti, come i pezzi del disco che è appena uscito. E invece tutti sanno a memoria dalla prima all’ultima parola di ogni canzone, sono davvero felicissima. Parlando del concerto a Milano, ero già stata in questo locale un anno e mezzo fa, ora il mio pubblico è raddoppiato. Una emozione incredibile.
Tu hai un rapporto molto intimo con il tuo pubblico?
Sì, per questo concludo la scaletta con “Tapioca”, che è una canzone che serve esattamente ringraziare chi mi segue. Perché non devo mai dare per scontato questo amore: sarebbe un errore enorme, se lo commettessi. E poi, al termine del concerto ordinario, mi piace terminare con un breve set acustico nell’area del mixer: è un abbraccio intimo con la gente che è venuta a sentirmi. Alla fine del concerto non riesco a ringraziare uno a uno le persone che hanno comprato il biglietto così provo a farlo in questo modo.
Come intende Francesca Michielin il rapporto tra le canzoni eseguite dal vivo e le versioni registrate in studio?
Non amo stravolgere le mie canzoni nei live, però le tratto come se fossero dei “lego”. Le decompongo: prendo i mattoncini che le compongono e, da quelle, le ricostruisco. Insomma, intendo il concerto come una specie di lungo viaggio e mi piace restituire alla gente delle versioni diverse da quelle in studio, altrimenti potrebbero starsene a casa ad ascoltare il disco.
Ci parli del tuo nuovo singolo, “Bolivia”?
In Occidente non sappiamo neanche in che parte del mondo sia la Bolivia, eppure è un Paese che sfruttiamo di continuo. Un esempio, quanti di noi mangiano il guacamole durante i propri happy hour? Ecco, quello è “l’oro verde” boliviano.
Nel video della canzone, girato dal fidato Giacomo Triglia (non potrei mai fare a meno di lui!), la prima scena è proprio ambientata in una vasca da bagno piena di guacamole. È una clip molto cruda, con la quale mi auguro di sensibilizzare la gente.
E quanto alla cover di “Monster”di Kanye West, con una tua strofa in italiano?
Ho incontrato Kanye, abbiamo fatto colazione insieme, ma non avevo ancora scritto la strofa in italiano. In realtà l’ho scritta un paio di giorni prima della data zero del tour, in un periodo di particolare ispirazione.
Comunque, non gliel’avrei mai fatta sentire: mi avrebbe molto imbarazzato.
Francesca Rizzi