Dopo Maurizio Costanzo ci lascia anche un altro gigante del giornalismo televisivo italiano. Ieri, 27 marzo, infatti è scomparso all’età di 84 anni Gianni Minà, uno dei più grandi professionisti dell’informazione che il nostro Paese abbia mai avuto, diventato famosissimo per le sue interviste, i suoi straordinari documentari e per essere riuscito a instaurare rapporti con personalità provenienti da ambiti totalmente diversi: da Fidel Casto a Federico Fellini, dai Beatles a Maradona. L’unico suo mantra era seguire il suo intuito e il suo pensiero, anche a costo di essere controcorrente, anche a costo di rimanere isolato. Il ricordo di Gianni Minà.
L’annuncio e la causa della morte
La brutta notizia comunicata poco prima delle ore 22:00 attraverso un post su Facebook pubblicato sulla pagina ufficiale del giornalista, da cui si possono desumere anche le cause della morte, scaturite da una malattia cardiaca:
«Gianni Miná ci ha lasciato dopo una malattia cardiaca. Non è stato mai lasciato solo, ed è stato circondato dall’amore della sua famiglia e dei suoi amici più cari. Un ringraziamento speciale va al Prof. Fioranelli e allo staff della clinica Villa del Rosario che ci hanno dato la libertà di dirgli addio con serenità».
Giornalista di cultura
Una delle caratteristiche più importanti della carriera di Gianni Minà risiede nel suo raggio d’azione. Nel corso della sua esperienza infatti il torinese, nato il 17 maggio 1938, si è sempre occupato di cultura in senso lato spaziando con grande maestria in vari ambiti. I suoi inizi furono in tal senso nel segno dello sport: dopo un’esperienza a “Tutto sport” il nostro fece infatti ingresso in RAI nel 1960, dove si occupò di alcuni servizi inerenti ai Giochi Olimpici di Roma, per poi approdare a “Sprint”, noto rotocalco sportivo condotto da Maurizio Barendson. Il rapporto tra Gianni e il Servizio Pubblico diventerà poi floridissimo negli anni successivi, complici centinaia e centinaia di reportage divenuti patrimonio importante per la storia dello spettacolo.
Sarà nel 1965 che Minà fu scelto per produrre produrre inchieste e documentari
per i programmi più svariati, tra cui si ricordano “Tv7″, AZ, un fatto come e perché”, “Driblling”, “Odeon. Tutto quanto fa spettacolo” e “Gulliver”. Impossibile poi non dimenticare “L’altra domenica”, fondato insieme Renzo Arbore a l già citato Maurizio Barendosn. Nel 1976 il giornalista approda dunque al Tg2 di Andrea Barbato, prima d vincere nel 1981 il premio Saint Vincent come miglior giornalista tv dell’anno. Sempre negli anni Ottanta, dopo la collaborazione con Gianni Minoli a “Mixer” arriva il suo grande debutto in qualità di conduttore a “Blitz” show di Rai Due di cui veste anche il ruolo di autore accogliendo nei suoi studi alcune tra le personalità culturali più autorevoli in assoluto come Gabriel Garcia Marquz, Muhammed Ali, Jane Fonda, Enzo Ferrari, Eduardo De Filippo e Federico Fellini.
I grandi amori di Gianni: dal pugilato alla musica
Gianni Minà seguì come inviato otto Campionati Mondiali di calcio, sette Olimpiadi e tantissime rassegne iridate di pugilato, una delle sue grandi passioni: non a caso proprio per la RAI sviluppò un’interessantissima storia della boxe in quattordici puntante, intitolata “Facce piene di pugni”. Amava molto anche il personaggio di Muhammad Alì, a cui oltre l’intervista fu dedicato anche un documentario. Tra le interviste più importanti spicca quella realizzata con il rivoluzionario cubano Fidel Castro. la prima chiacchierata, datata 1976, fu incentrata su Ernesto Che Guevara. Una seconda intervista andò in onda invece nel 1990. All’inizio del nuovo millennio inoltre Minà ebbe l’opportunità di realizzare altre interviste con personalità a lui care. Di questo filone rimase storica quella con Diego Armando Maradona.
Non poteva mancare poi la musica nel “ventaglio” di conoscenze del grande Gianni che, anche in questo campo, lasciò decisamente il segno con una grande intuizione, ovvero “Alta classe”. Si trattava di un programma in cui gli artisti eseguivano un concerto live alla Bussola, locale storico della Versilia, per poi intervistarli nella seconda metà di trasmissione. Il parterre di artisti coinvolti dal giornalisti è impressionante dal punto di vista qualitativo. Tra i tanti giunsero in Toscana colossi come Ray Charles, Pino Daniele, Zucchero, Dee Dee Bridgewater, Milva e Gino Paoli.
Fuori dal coro: amato per questo
Ma qual è l’aspetto che più di altri ha reso Gianni Minà una delle penne più apprezzate di sempre? Non ci sono dubbi. La risposta è la sua conoscenza. Minà infatti conosceva profondamente, per filo e per segno, tutto ciò che raccontava. Una partita di calcio ad esempio non si limitava soltanto al match giocato sul rettangolo verde ma anche a tutto il suo contesto: non a caso il piemontese fu addirittura espulso dall’Argentina per aver fatto domande sui desaparecidos al capitano di vascello Carlos Alberto Lacoste (responsabile dell’ente per l’organizzazione del mondiale) durante i Mondiali, fatto che consegna perfettamente il profilo di un giornalista davvero libero, orgogliosamente contro corrente e fuori dal coro, in grado di mettere tutto in discussione pur di seguire le sue idee e il suo modus operandi. Un uomo spinto dalla conoscenza. Ci mancherai, Gianni.
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