Quando si tratta di mostre, arte e musei, esiste un galateo da seguire per la fruizione di opere e spazi? Riflettendo sui cerimoniali nell’epoca contemporanea, si potrebbe avere la sensazione di rapportarsi con norme anacronistiche e costrittive. Dopotutto, il galateo ha origine alla fine del Cinquecento in un contesto ecclesiastico: è un periodo in cui la Chiesa è focalizzata sul controllo della società, come lo saranno numerose istituzioni anche nei secoli successivi. Il termine deriva dal nome di Galeazzo Florimonte, vescovo della diocesi di Sessa Aurunca: è lui che ispira a Giovanni Della Casa il trattato conosciuto come Galateo overo de’ costumi, scritto tra il 1551 e il 1555 e pubblicato postumo. Prima di allora, a dispensare consigli sull’etichetta ci pensano Clemente Alessandrino e l’umanista Erasmo da Rotterdam.
Sebbene la tendenza della società moderna sia prevalentemente rivolta a liberarsi da diktat e imposizioni, è indubbio che educazione e bon ton a vernissage e mostre d’arte favoriscano l’interazione con determinati ambienti sociali e con il pubblico presente. Insomma, comprendere e mettere in pratica alcuni codici di comportamento dovrebbe condurre a una riflessione più profonda su ciò che si osserva ad un museo.
Arte e musei: gli orari sono importanti
«Le parole sono importanti. Come parla!»: così il personaggio di Michele Apicella, interpretato da Nanni Moretti in Palombella rossa, apostrofa la sua intervistatrice. Quando si va per mostre e musei, rispettare gli orari è fondamentale, soprattutto se abbiamo già prenotato una visita guidata: è segno di rispetto per la guida e gli altri partecipanti del gruppo. Al fine di migliorare l’esperienza individuale e non ostacolare il personale del museo nelle mansioni, bisognerebbe informarsi sui tempi necessari per visitare tutto il percorso espositivo, quelli di apertura e chiusura della struttura e sull’orario previsto per l’ultima visita giornaliera.
Dovrebbe essere superfluo ribadirlo, ma occorre ossequiare le regole vigenti sull’introduzione di borse, zaini, valigie ingombranti, cibo, bevande e animali domestici senza discutere, evitando di creare file all’ingresso. Insomma, ancora una volta – parafrasando Apicella -, bisogna trovare i tempi giusti, gli orari sono importanti.
Le mostre d’arte non sono un centro commerciale
Meglio non prendere in parola il provocatore Andy Warhol quando afferma che «a ben vedere forse i grandi magazzini sono un po’ simili ai musei». Molto probabilmente, è una critica sociale pungente – come la sua produzione artistica – a chi si approccia verso le mostre d’arte come alla merce nei negozi. Le opere esposte non sono maglioncini tra cui rovistare per trovare la taglia, pertanto non vanno toccate, e osservate dalla giusta distanza.
Sono molto fastidiosi anche gli astanti che parlano con un tono di voce alto, rispondono alle chiamate e non silenziano lo smartphone. I genitori con bambini piccoli al museo dovrebbero evitare che si annoino, iniziando a protestare o cercando rumorose evasioni; lo stesso vale per gli insegnanti con scolaresche al seguito.
Strike a pose: no al safari fotografico
Tra le fotografie più celebri di Martin Parr c’è sicuramente The Leaning Tower of Pisa: con inconfondibile irriverenza, l’autore inglese indaga i fenomeni legati al turismo di massa. All’interno del frame, datato 1990, diverse persone sono immortalate nell’intento di farsi scattare l'”irrinunciabile” istantanea mentre fingono di sorreggere la Torre Pendente in Piazza dei Miracoli. Il risultato è una scena assurda e paradossale che continua a ripetersi in giro per mostre e musei.
Portarsi a casa ricordi fotografici è sacrosanto, tuttavia, le Stories su Instagram e i post da condividere con i propri follower possono essere pubblicati anche in un secondo momento e non davanti al quadro che centinaia di persone stanno tentando di vedere.
Mantenere il self control e non fingersi intellettuali al vernissage
Nell’episodio “Le vacanze intelligenti”, Alberto Sordi interpreta il verace Remo Proietti, in visita alla Biennale di Venezia con la moglie Augusta che, esausta dal caldo e dalla stazza importante, si accomoda su una sedia vicino ad una grande pianta, senza sapere che si tratta di elementi appartenenti a un’installazione artistica all’interno del padiglione. Mentre Augusta attende il ritorno di Remo, in cerca di ristoro, si avvicina un codazzo di visitatori intellettuali. Gli stessi che scambiano, però, la signora per un pezzo dell’opera stessa. Chissà, l’avranno presa per una delle sculture iperrealiste di Duane Hanson? La scena è un compendio di equivoci su arte e musei, che potrebbe ripetersi anche nella vita reale.
Evitarlo è possibile: soprattutto durante inaugurazioni e vernissage in presenza degli artisti, sarebbe doveroso sottrarsi alla tentazione di fare commenti a sproposito, qualora non si conoscesse a fondo l’opera e la visione dell’autore. Peggio ancora se ciò avviene strafogandosi davanti al buffet in bermuda e infradito. Moderazione e dress code adeguato all’evento non sempre sono una limitazione alla propria libertà di porsi, anzi possono mettere al riparo da figuracce leggendarie.