Affermava Hans Hoffman: <<in natura, la luce crea il colore. Nella pittura, il colore crea la luce>>, ed oggi potremmo aggiungere che, nella moda, luce e colore creano l’armonia. Di qui il passo verso -quella che è diventata una tendenza virale su Tik Tok –, l’armocromia, è davvero breve. Se nella consulente d’immagine Rossella Mgliaccio si individua senza ombra di dubbio la promotrice per eccellenza del concetto di analisi del colore in Italia, a partire dal 2019, il termine armocromia viene coniato esattamente un secolo prima. E’, infatti, il 1918 quando, a Los Angeles, Max Factor, dopo aver coniato la parola ‘make up’, introduce l’espressione color harmony che indica quali colori devono essere applicati al viso per essere armonici con l’incarnato, gli occhi e capelli della persona per farla risplendere. Ecco come, dai concetti di luce e colore, nasce quello di armocromia agli inizi del ‘900.
Gli inizi del ‘900 tra Max Factor e il Bauhaus
Sebbene l’allora giovane estetista polacco Maksymilian Faktorowicz, fondatore della nota azienda di cosmetici, abbia accostato per la prima volta l’armonia dei colori al mondo del make up, ad essere precisi dovremmo attribuire la nascita di questa teoria a Johannes Itten, artista svizzero e docente presso la Bauhaus School of Art in Germania. È lui che introduce l’idea di colore soggettivo come aura della persona anticipando il pensiero del pittore newyorkese Robert Dorr, ideatore del Color Key System 1 e 2. Un sistema, quest’ultimo, cha già agli albori del secolo scorso suddivideva gli incarnati tra caldi, a base gialla, e freddi, a base blu, a partire dal sottotono della pelle.
Il ruolo del cinema nell’armocromia
Non è un caso che gli anni ’20 vedano diffondersi il fenomeno della Color Revolution la quale raggiunge il suo apice nel passaggio dal cinema in bianco e nero al technicolor. Il mondo della Settima Arte diffonde così, le conoscenze sul colore in modo trasversale nei vari settori rendendo in breve tempo l’elemento cromatico un efficace strumento di vendita. Dall’industria del make-up, alla moda, fino alla produzione di oggetti di consumo di massa, lo studio del colore diventa protagonista di una vera rivoluzione. E un ruolo determinante lo hanno in quell’epoca make up artist e hair stylist di Hollywood impegnati nell’individuare look capaci di esaltare l’incarnato delle star del Cinema sulla base di sfumature cromatiche stagionali.
I quattro gruppi stagione
Determinante a tal proposito il contributo, a partire dagli anni ’30, della costumista californiana Edith Head, nota per aver vestito e creato palette per le più affascinanti dive hollywoodiane. Autrice del libro “Dress for success”, dedica un interno capitolo, intitolato “Come usare il colore con successo”, a quelle che definisce le color aura charts, ovvero le tabelle dell’aura cromatica. Numerosi sono i film in cui la Head ha saputo cucire addosso ai protagonisti abiti donanti, non solo in base alla silhouette, ma anche in base alla tipologia cromatica.
Primo fra tutti “Colazione da Tiffany” in cui Audrey Hepburn indossa colori a base fredda e vivaci, oltre all’intramontabile combinazione di bianco e nero, perfetti per chi appartiene, come lei, alla stagione cromatica inverno. Sono, infatti, quattro, secondo gli studi di armocromia, i gruppi-stagione che definiscono le persone a seconda delle loro caratteristiche somatiche per poi associare ad esse una palette cromatica di riferimento in grado di far risaltare i loro tratti. Così, accanto all’Inverno della Hepburn, si trovano volti che si identificano con la primavera, l’estate o l’autunno.
Dagli anni ‘4o a Carol Jackson
Proseguendo il viaggio lungo la linea del tempo dello studio del colore applicato alla persona, restando in California, intorno agli anni ’40 incontriamo Suzanne Caygill, modista e stilista, che, dopo quarant’anni di ricerche, negli anni ‘80, pubblica il libro “Color: the essence of you”. A lei va il merito, inoltre, di aver fondato la prima accademia del colore in cui applica il suo metodo basato sulle 4 stagioni integrando per ciascuna quattro sottocategorie, legate alla personalità.
È il 1978 quando, poi, la cosmetologa Bernice Kentner scrive, nel suo “Color me a season”, che il sottotono di pelle è il primario elemento per decretare la palette cromatica. Due anni più tardi la svolta decisiva: con il libro “Color me beautiful”, Carol Jackson definisce una tavolozza di colori sulla quale orientare le scelte in fatto di abbigliamento e costruire un guardaroba in grado di esaltare le proprie caratteristiche.
Il contributo di Rossella Migliaccio in Italia
L’Italia dovrà attendere il 1998 per sentir parlare di armocromia. Maria Grazia Longhi e Grazia Bercelli sono quell’anno autrici di “La più bella sei tu: guida illustrata ai segreti del fascino femminile”, pubblicato da Mondadori, in cui la bellezza di una donna viene associata al concetto di armonia del colore. Tuttavia, solo nel 2019 Rossella Migliaccio fondatrice dell’Italian Image Institute, porta definitivamente nel bel paese la parola ‘armocromia’ introducendola nel nel gergo comune della moda e del beauty. È la molla che ha fatto scattare la sfrenata corsa sui social alla color analysis, l’hashtag più ricercato e cliccato negli ultimi tempi su Tik Tok. Un trend che modifica il modo di pensare al guardaroba e di fare shopping catturando soprattutto l’attenzione della generazione Z.
Il fenomeno coreano
Numerosissimi sono i creator e fashion influencer che condividono video e tutorial su come determinare il proprio tipo di colore, tra cui si distingue Khooa. Un gruppo quest’ultimo, formato da esperte di armocromia e consulenti d’immagine che sfruttano l’intelligenza artificiale per rendere la disciplina accessibile a tutti, abbattendo i costi. Meriterebbe, invece, un capitolo a parte l’Hallyu, la cosiddetta ‘ondata coreana‘ che ha invaso l’occidente. Seguitissimi i profili di gruppi femminili come Jisoo delle Blackpink che hanno reso virali i color test spingendo sempre più persone a volare in Corea del Sud per provare sulla loro pelle i trattamenti dei saloni di bellezza di Seoul. Viviamo, dunque, in un’epoca in cui l’elemento cromatico diventa megafono della nostra personalità, una società in cui, come diceva Picasso, <<I colori, come i lineamenti, seguono i cambiamenti delle emozioni>>.