Tantissime le tendenze moda Autunno Inverno 2023-2024 emerse dalle sfilate della fashion week di Londra, rassegna che ha chiuso i battenti ieri, per fare velocemente spazio alla settimana della moda di Milano. Giorni intensi quelli andati in scena nella Capitale britannica che, come prevedibile, ha omaggiato nelle sue battute iniziali la Regina Vivienne Westwood, scomparsa lo scorso 29 dicembre. In passerella, ha sfilato l’avanguardia e la sperimentazione, complice il coinvolgimento di tanti, tantissimi, brand emergenti destinati a fare scuola.
Erotismo e bon ton sulla runway inglese
Anche questa volta in Gran Bretagna la tradizione si è unita alla contemporaneità a tinte avanguardiste. A catturare in particolar modo la scena sono stati David Koma, caposaldo della London fashion week abile a proporre un’estetica impattante (meravigliosi in tal senso i cot out) tra erotismo e forte personalità, e Molly Goddard, la quale ha proposto dei look ornati da un bel citazionismo culturale non dimenticando femminilità e bon ton. Particolarmente apprezzati Di Petsa e Ahluwalia, entrambi audaci a proporre dei capi ad altissimo tasso erotico.
Da un punto di vista del puro trend anche a Londra, così come successo già a New York, appare evidente un ritorno importante nell’uso delle stampe più artistiche: dal tie-dye a quello dall’effetto marmo, visto soprattutto nelle creazioni di Edward Crutchley , passando invece per l’utilizzo iconografico del logo, come fatto dal Direttore Creativo Lee per il suo debutto nella maison Burberry. Ispirazioni più legate all’arte contemporanea invece quelle proposte da Roksanda, la quale ha citato il visual artist giapponese Atsuko Tanaka ricevendo ampi consensi anche per aver riportato in passerella il monospalla, realizzato quasi in ottica red carpet, dunque scultoreo e molto voluminoso.
Molto più politico invece il messaggio di Christopher Kane, abile a sciorinare una collezione concettuale incentrata sull’orgoglio di classe con pattern particolari stampati su vestiti, richiamo alla vita quotidiana della classe operaia.
Dal gotico di Bora Aksu alla linea uomo di 16Arlington
Tra i fashion show più applauditi di tutta la rassegna spicca senza dubbio quello di Bora Aksu, brand che, cavalcando (chissà quanto indirettamente) il trend dell’impattante serie tv Netflix “Mercoledì” ha tradotto in abiti il concetto di “Outcast”, – emarginato -, confezionando una serie di abiti a fortissima matrice gotica che pescano anche dall’universo oscuro e nervoso del pittore ottocentesco Edvar Munch.
Crinoline, maniche a sbuffo, gonne pompose e applicazioni in perle hanno invece dominato la collezione della designer Simone Rocha, il cui rimando è chiaramente quello dell’epoca vittoriana, filtrata sempre in chiave dark.
Ma, come spesso capita nella moda, c’è stata anche tanta Italia in questa London Fashion Week, complice il lavoro di Marco Capaldo, al debutto assoluto della linea maschile del marchio 16 Arlington. Un esordio da standing ovation, impreziosito da una palette nera e caratterizzato da un trionfo di tessuti, materiali e volumi ampi.
La contemporaneità, sapientemente mixata ad alcuni innesti volutamente vintage, è invece il leitmotiv che ha contraddistinto le creazioni di Edun Choi, il quale ha rispolverato gli spacchetti laterali all’altezza delle spalle.
L’omaggio di JW Anderson
Ma oltre chiaramente ai brand di maggior risonanza come Burberry e Moncler (il quale ha chiuso la kermesse con un mega evento a cui hanno assistito oltre 10.000 spettatori) a catalizzare in modo particolare l’attenzione è stato JW Anderson, autore di un vero e proprio omaggio a uno dei massimi rappresentanti della cultura britannica, il coreografo Michael Clark, di cui il designer è un grandissimo fan.
Attraverso la ricerca d’archivio, lo stilista ha riscoperto il passato per mettere a fuoco il proprio futuro, concedendosi il lusso di creare una collection completamente libera da ogni schema, il cui pezzo più rappresentativo figurano essere le maglie e le t shirt, ornate da slogan evidenziati da colori accesissimi e impattanti, simbolo dell’istrionismo d’oltremanica.
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