Cosa hanno in comune un oggetto di arredo chiamato Matrix e FontanaArte? La trasformazione di concetto matematico che si fa reale e quindi accattivante al punto da diventare desiderabile. Questo passaggio ha guidato il lavoro di Oskar Peet e Sophie Mensen, il duo creativo dello studio OS ∆ OOS con sede a Eindhoven, nei Paesi Bassi, nel momento in cui FontanaArte ha chiesto loro di realizzare un nuovo modello di lampada. Adesso, questa famosa azienda di design mostrerà quest’oggetto alla Design Week di Milano, che si terrà dal 6 al 12 giugno di quest’anno, festeggiando ben cent’anni di storia.
La scelta del nome, Matrix, è di per sé rivelatore
La matrice, in algebra, è una tabella che contiene dei dati ed è formata dall’intersezione di righe e colonne. Questo stesso rigore è stato trasferito in una struttura metallica a griglia, declinata nei colori bianco e oro opaco, a forma di cilindro, che riveste un cuore luminoso formato da una lampadina al Led. Il risultato è un oggetto che diffonde una luce soffusa, grazie a un dispositivo che permette di regolarne l’intensità, e allo stesso tempo rifratta per effetto della griglia che la avvolge. La lampada è disponibile nei formati da trenta e sessanta centimetri di altezza e con un diametro di trenta centimetri.
L’essenza di questa creazione è stata spiegata dai due designer che hanno usato queste parole:
“Quando questo guscio si piega, la trasparenza attraverso l’apparecchio stesso svanisce ma la luce visibile cresce; entrambi dipendenti l’uno dall’altro ma operanti indipendentemente”.
Un concetto che vuole avvicinare un oggetto di arredo a un’opera d’arte nella quale ogni particolare concorre nel creare armonia. Una linea guida che ricorre spesso nella produzione dei due designer che lavorano sia su piccoli oggetti sia sull’arredo di spazi più grandi e, nell’ultimo periodo, anche sull’interior design. Le loro creazioni hanno sempre cercato un punto di equilibrio tra lo spazio e la funzione dell’oggetto che lo occupava. Nel frattempo, dopo otto anni di collaborazione e la partecipazione alle principali fiere di design, tra Miami e Londra, le strade dei due creativi si sono divise.
Matrix è solo l’ultimo esempio di come il design si metta al servizio dell’arredo
per creare oggetti che siano belli ma funzionali allo stesso tempo. In questo, Milano, che si è conquistata negli anni uno spazio tra le capitali del design grazie anche al Salone del Mobile, ha molto da raccontare e riesce a farlo alla perfezione attraverso gli ambienti e gli oggetti di due realtà museali: la collezione permanente del design ospitata nel palazzo della Triennale, inaugurata l’8 aprile del 2019 e la recente apertura dell’Adi Design Museum, avvenuta a maggio del 2021. Solo fino a giugno 2022, invece, alla Design Week milanese.
L’Italia del dopoguerra è un paese da ricostruire per intero, e così gli architetti cominciano dagli edifici per poi spostare progressivamente l’attenzione verso gli oggetti di arredamento che iniziano a popolare gli interni negli anni del cosiddetto boom economico. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di idee tanto semplici quanto funzionali che rendono bene la creatività che si respira in quel periodo e rappresentano il primo esempio di collaborazione tra architettura e produzione industriale.
L’esposizione della Triennale, dunque, abbraccia gli anni dal 1946 al 1981
in un crescendo di oggetti che spaziano dalla nuova forma della radio, alla televisione, dalle sedute, ai primi mobili componibili frutto dell’ingegno di Enzo Mari. Se poi parliamo della luce ecco allora Arco, un progetto del 1962 dell’architetto Achille Castiglioni, che sposta, letteralmente, la fonte luminosa dal soffitto al pavimento. Dieci anni prima aveva creato, con il fratello Piergiacomo Castiglioni, la prima lampada da tavolo chiamata Tubino. Si cimenta con la luce anche il padre del Grattacielo Pirelli, Giovanni Ponti, meglio noto ai milanesi e non con il nome di Giò, per quell’abitudine tutta meneghina di abbreviare i nomi lunghi. A lui si devono diversi modelli di lampade da terra e di applique dalle forme stilizzate ed essenziali.
Anche Gae Aulenti, una delle prime donne a laurearsi in architettura al Politecnico di Milano negli anni Cinquanta,
ha legato il suo nome alla luce e a una lampada. Battezzata Pipistrello, aveva la particolarità di avere, sotto un paralume di forma ondulata, un piedistallo telescopico che la trasformava, a seconda dell’estensione, in una lampada da tavolo o da terra. L’Adi Design Museum, invece, riunisce gli oggetti di arredo vincitori del riconoscimento “Compasso d’oro” dal 1954 ai giorni nostri. Il premio era nato proprio quell’anno su iniziativa di Giò Ponti ed era assegnato dall’Associazione per il Disegno Industriale.
L’edificio del museo si trova proprio di fronte al Cimitero Monumentale e occupa una superficie di 5.135 metri quadrati. In passato, quegli spazi hanno ospitato prima un deposito di tram, di quelli trainati dai cavalli e poi una centrale elettrica. Gli oggetti di arredo sono accompagnati da schede che descrivono i materiali, dalle riviste che li hanno raccontati e dalle frasi dei professionisti che si sono spesi per la loro creazione. In un ideale percorso circolare siamo dunque partiti dall’arredo e dalla luce per arrivare a quanti hanno illuminato questo settore con la loro idee.
FontanaArte festeggia un secolo di storia tra successi e innovazioni alla Milano Design Week
L’azienda festeggia quest’anno i suoi cent’anni, grazie ai direttori artistici che hanno progettato articoli riconosciuti in tutto il mondo e hanno portato al successo dell’azienda. Tra questi, Gae Aulenti, Pietro Chiesa, Max Ingrand e Gio Ponti sono coloro che hanno maggiormente contribuito a questo successo. Alla Design Week, FontanaArte festeggerà il suo centenario con un viaggio dal passato al presente. Marco Pozzo, amministratore delegato dell’azienda, così si esprime sul successo dell’azienda:
“Sono felice di vivere questo momento di celebrazione per FontanaArte. Il brand ha fatto la storia del design italiano e che oggi è considerato un riferimento per l’illuminazione nell’alto di gamma. Festeggiare 100 anni vuol dire ripercorrere il passato per riaffermare quei valori che ci proiettano al futuro. Per questo ci siamo impegnati in un percorso di recupero e studio degli archivi di FontanaArte.Un patrimonio di enorme valore in grado di raccontare ancora una volta e con dettagli inediti, la forza della combinazione di arte e industria, diventata elemento imprescindibile in ogni nostra proposta”.
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