Life&People intervista Andrea Scazzola e la moglie Francesca Romana Carpentieri autori del libro: “Tricó, lo stilista delle regine”

Un libro che racchiude in sé un romanzo di formazione e uno spaccato storico della moda e dell’Italia. Un percorso originale e appassionante nella vita di Pierluigi Tricò, stilista di successo internazionale, attraverso ricordi, narrazioni, incontri. Una storia trasversale che ricopre il periodo di boom economico italiano tra gli anni Sessanta e i Novanta in una cornice di bellezza ed eleganza, a noi tanto cara. Una storia di determinazione e successo, intrisa di significati, parti integranti del nostro patrimonio culturale e storico. Ma anche una storia di famiglia e di devozione. Andrea Scazzola, giornalista inviato di LA7 e docente universitario, nipote di Pierluigi Tricò, con la moglie Francesca Romana Carpentieri, hanno raccolto le parole dello zio in un suo lungo periodo di malattia, in cui lo hanno assistito.

Intervista Andrea Scazzola autore libro Tricò Life&People Magazine

Francesca Romana Carpentieri – Andrea Scazzola

“Tricó, lo stilista delle regine” è tutto questo e molto altro: il racconto degli autori in esclusiva

Come è nata l’idea di questo libro?

AndreaIl libro è la storia della mia famiglia. Pierluigi Tricò è mio zio, fratello di mio padre, e l’atelier inizia a vivere quando io ho meno di due anni. Abitavamo tutti in un bel palazzo inizio Novecento nel quartiere Flaminio, a Roma. Ricordo persino, come in un flash, le prime sfilate in casa, ragazze bellissime che si cambiavano nello studio per poi passare in soggiorno con indosso i nuovi modelli. Era stata appena creata una società: mio zio disegnava, mio padre amministrava e mia madre aiutava su tutti i fronti, anche perché conosceva perfettamente l’inglese. Questo è l’inizio, ma fino alla fine di quella avventura la mia vita e la storia della ditta Tricò hanno viaggiato parallelamente.

Pierluigi Tricò 1969

FrancescaL’idea di un libro che raccogliesse i successi di Pierluigi Tricò la avevamo in mente da tempo, poi l’epidemia e il lockdown mi hanno messo in condizioni di poter cominciare a raccogliere e trascrivere i suoi ricordi. Non stava bene in quei giorni, non a causa del covid, ma era costretto all’immobilità su una poltrona. Io mi sedevo accanto a lui con un taccuino e lo lasciavo parlare, senza un programma chiaro o un ordine prestabilito, seguendo il flusso della memoria. E così, io e mio marito, abbiamo cominciato a scrivere.

Intervista Andrea Scazzola autore libro Tricò Life&People Magazine

Pierluigi Tricò e il fratello Luciano Scazzola

In che misura la moda racconta il nostro Paese?

Andrea La moda è stata ed è uno dei punti di forza dell’Italia sia dal punto di vista economico, sia per la sua immagine nel mondo. La moda rispecchia il gusto, il costume, la creatività, lo stile di vita, la cultura di un popolo. La moda è come l’arte: sa restituirci con un colpo d’occhio lo spirito di un’epoca, il suo concetto di bellezza, i suoi desideri, la sua idea della vita. Nell’Estetica, Hegel riflette sul cambiamento della forma degli abiti tra l’antichità e il mondo moderno, e mostra come anche il modo di tagliare un tessuto e di farlo aderire al corpo esprima lo spirito del tempo. A noi basta osservare la donna degli anni Dieci del Novecento e confrontarla con quella degli anni Venti, notare la diversa lunghezza delle gonne, la semplicità dei nuovi abiti, per comprendere con un solo sguardo che il mondo era cambiato.

Mosca piazza Rossa 1962

Tutto ciò è evidente anche negli anni in cui Tricò crea i suoi modelli. Si veniva dalle linee e dai colori rigidi e austeri degli anni Cinquanta: un’Italia che cominciava a stare stretta a tanti, soprattutto ai giovani. Ed è la moda che sente per prima il clima che cambia, e immediatamente si rinnova, con colori a contrasto, effetti optical, tagli più disinvolti. Ancora non c’era la minigonna, ma il gusto rispecchiava, e in parte anticipava, la società degli anni Sessanta, una rivoluzione del costume, un nuovo respiro, una nuova libertà.

Che importanza ha l’educazione al gusto estetico?

AndreaRispondo con il caso di Pierluigi Tricò. Tutto nasce probabilmente proprio da quella che lei chiama educazione al gusto estetico. Tricò non è un sarto, non ha mai preso un ago in mano. Viveva tuttavia in una famiglia borghese, attenta ai particolari, all’eleganza, alla bellezza, all’arte, anche contemporanea. Le sue prime creazioni sono dei foulard dipinti a mano, con le linee geometriche dei pittori di quella stagione artistica, con colori semplici e definiti. Tutto proviene, direi, proprio dall’educazione estetica, che è qualcosa che sa regalare più sapore alla vita e che ci aiuta a trovare il bello anche nelle piccole cose. Anche se, non si può negare, a volte ci fa soffrire: quando incontriamo il degrado, la sciatteria, l’incapacità di trovare, soluzioni urbanistiche all’altezza del contesto storico e artistico che il passato ci ha lasciato in eredità.

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Viscontessa Jaqueline de Ribes 1968

Il momento d’oro del nostro Paese, – quando si poteva partire con poco ed avere successo in breve tempo -, era quello nel quale si potevano inseguire i propri sogni?

AndreaEra esattamente quella la stagione che Pierluigi Tricò ha vissuto. L’Italia si mette la guerra alle spalle, crede nel futuro, ed è pronta a rischiare. Nasce un paese nuovo, più ricco grazie al boom economico tra i Cinquanta e i Sessanta. E più libero. Tricò è un ragazzo di una famiglia borghese con buone tradizioni culturali, che studia al liceo classico, poi giurisprudenza, poi ottiene un impiego in un ente. Ma sente che quella vita gli va stretta, che non è la sua. Si licenzia, rischia tutto con pochissimi risparmi e l’aiuto del fratello, mio padre. In meno di un paio d’anni di attività sfila alla Galleria Nazionale d’arte moderna, a Palazzo Barberini, a palazzo Pitti a Firenze, a Parigi. E di lì a Mosca come a New York, Los Angeles, Copenhagen, Montreal e Vancouver.

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Pierluigi Tricò e Valentino

Quella era un’Italia che sapeva organizzare eventi collettivi, in grado di fare squadra e comprendere con lungimiranza ciò che era utile a promuovere l’immagine del paese nel mondo. E il mondo guardava all’Italia. C’era il cinema, l’industria, e la moda cominciava ad essere una vetrina importante. I mezzi erano scarsi, le infrastrutture ancora inadeguate, ma c’erano idee, creatività, passione, voglia di realizzare, di fare, di modernizzare. Era l’Italia degli anni Sessanta, un’Italia giovane e in crescita, che credeva nel futuro e arrivava al successo, diventando una delle sette nazioni più industrializzate del mondo.

intervista esclusiva Andrea Scazzola libro Tricò Life&People Magazine LifeandPeople.it

copertina libro Tricò

Quali sono i momenti più belli che ama ricordare?

AndreaAlcune situazioni raccontano momenti ed emozioni, quasi come istantanee di un mondo che per molti aspetti non c’è più. Ne è un esempio la Capri del dopoguerra, dove Pierluigi ragazzo andava ogni estate ospite nella villa di uno zio particolarmente ricco, e viveva in quel mondo fuori del mondo che era l’isola in quegli anni. Quella del film di Totò L’imperatore di Capri, dove le mode e la vita erano pazze e surreali. Pierluigi, diciottenne, in quel film appare: è il primo a tuffarsi in mare completamente vestito per imitare Totò, l’uomo del momento, in realtà caduto in acqua vestito, ma per puro caso. Lì, su quell’isola, in piazzetta e nelle feste leggendarie, era concesso tutto, il costume era anni luce più avanti rispetto al resto del paese.

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Mare moda Capri

Quali sono, le donne del jet set e non solo, che meglio hanno incarnato lo stile raffinato Tricò?

FrancescaQuando la contessa Consuelo Crispi, una delle donne più eleganti nella Roma dei primi anni Sessanta lo scoprì, divenne quella che oggi si direbbe la testimonial del brand. Dopo di lei fu molto importante una celebre giornalista di moda, Irene Brin, che lo volle portare a sfilare sulle passerelle di Parigi.

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Raquel Welch 1966

Da lì in poi da Tricò sono passate le regine di Grecia, di Danimarca, del Belgio, attrici come Audrey Hepburn, Lauren Bacall, Merle Oberon, Raquel Welch, Claudia Cardinale, Rossella Falk. E donne importanti per l’Italia di quegli anni come Allegra Caracciolo, moglie di Umberto Agnelli – e sappiamo che cosa volesse dire quel nome nell’Italia di allora – una cliente e un’amica che vestirà Tricò fino alla chiusura dell’attività.

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Audrey Hepburn – Grecia

AndreaMa c’è una donna la cui presenza dice tutto dell’epoca. Siamo nell’ottobre del 62, due importanti clienti di Tricò gli telefonano annunciando la visita in atelier di una persona molto importante, e lo pregano di accogliere l’ospite giù al portone. Pierluigi è in strada, vede avvicinarsi un corteo di auto, e da una limusine nera scende una donna elegantissima: è Jacqueline Kennedy, la moglie del presidente degli Stati Uniti d’America, la first lady, in quel momento la donna più celebre al mondo.

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Claudia Cardinale 1963

Il lavoro di tutti questi splendidi anni di Tricò, dove è custodito?

FrancescaNel 2011 ci venne chiesto di inserire il lavoro di Tricò – disegni, bozzetti, foto, articoli, lettere – nell’Archivio della Moda che si stava creando in quegli anni; un grande archivio tutelato dal Ministero dei Beni Culturali. Il lavoro di archiviazione e redazione, durato circa tre anni. E nel 2014 tutta la produzione di Tricò è diventata Patrimonio di Stato, conservato e custodito nel suo appartamento di Roma, e gestito dalla nipote.

Intervista Andrea Scazzola autore libro Tricò Life&People Magazine L’intero lavoro di Tricò, la sua preziosa attività di creatore di moda, è stato oggetto di una tesi di laurea e i suoi modelli – purtroppo non ne sono rimasti molti – sono stati esposti in varie mostre, una delle ultime è stata “Maglifico” che si tenne a Palazzo Ruspoli pochi anni fa, in cui i modelli Tricò erano esposti con quelli di Albertina, Kenzo, Gaultier e altri importanti stilisti della maglia.

In quel magico momento del trionfo dello moda, con quali altri stilisti Tricò ha condiviso il palcoscenico mondiale?

AndreaBasta dare un’occhiata al programma della prima sfilata sulla scalinata di Trinità dei Monti a Roma, ci sono Valentino, Rocco Barocco, Lancetti, Mila Schön e, appunto, Pierluigi Tricò. Le creazioni di Tricò erano classificate “maglieria d’alta moda”, diverse perciò da quelle degli altri colleghi, senza perciò mai provocare forme di rivalità. Uno di loro con cui mio zio ebbe una amicizia più solida è stato Federico Forquet, oggi poco ricordato ma di grande raffinatezza.

Intervista Andrea Scazzola autore libro Tricò Life&People Magazine

Consuelo Crespi

Mi colpì poi il rapporto con Hubert de Givenchy, all’epoca tra i pesi massimi della moda internazionale, che dichiarò più volte alla stampa di ritenere Tricò, insieme a Valentino, uno dei creatori di moda italiani più originali. Nel 1996 Givenchy insieme a due bellissime ragazze si presentò in atelier e propose a mio zio di realizzare un vestito per una giovane rampolla dei Rothschild. Tricò purtroppo stava chiudendo l’attività e non realizzò mai quell’abito, ma grazie a quell’incontro l’addio alla moda fu pieno di soddisfazione.

Intervista Andrea Scazzola autore libro Tricò Life&People Magazine

Allegra Caracciolo Agnelli

Questo libro ha coinvolto tutta la sua famiglia, è stato catartico anche per lei scriverlo?

AndreaSì, rimettere ordine nei ricordi è sempre un po’ catartico. E lavorare con la propria moglie è una esperienza a volte conflittuale ma sempre vitale. Poi Francesca sa raccontare con grande sensibilità ogni esperienza di vita, e tra breve pubblicherà un nuovo libro. Eppure in questo racconto c’è qualcosa di più, perché abbiamo avuto la possibilità di scavare nel passato rievocando episodi che rimandano a momenti difficili della storia del nostro paese.

Elsa Martinelli

Un’ultima curiosità, come è nato il nome Tricò?

AndreaSi potrebbe pensare che rimandi alla parola francese che indica la maglieria, tricot, ma non è così. La t finale non c’è e non c’è mai stata. La verità è che nella famiglia di mio padre si era soliti dare dei soprannomi. Mio zio Pierluigi era chiamato Baby, mentre mio padre Luciano era Capitan Tricò. E divenne per tutti e per tutta la vita Tricò. La ditta prese il nome di “Pierluigi e Tricò”, e venne, quasi naturalmente l’idea di scegliere come nome d’arte, appunto, Pierluigi Tricò.

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