Dagli chef stellati green agli emergenti è sempre più in tendenza affiancare al ristorante la coltivazione dell’orto. Le grandi rivoluzioni culturali si svolgono sempre nell’ombra, con discrezione, senza nemmeno accorgersene, ed è così che sostenibilità, biodiversità e km zero sono i termini più serviti sulle tavole della cucina contemporanea. L’origine, la purezza e la qualità del prodotto sono diventate un’ossessione. Ogni mattina, piantine, frutti, erbe, fiori e germogli, vengono raccolti direttamente dall’orto del ristorante e lavorati.
Un’ottica sempre più green e personalizzata
Lo chef del 21° secolo non si accontenta più di trasformare e sublimare i prodotti di tutto il mondo; si concentra sul suo pezzo di terra, cerca di esprimerne l’identità e il gusto per eccellenza realizzando piatti creativi e gustosi con materie prime fresche e di stagione. Considerando la centralità mediatica che gli chef hanno assunto in questi ultimi anni, questo nuovo trend non può che essere un segno positivo di un ritorno alle origini della gastronomia.
Oggi il vero lusso è poter mangiare prodotti freschi coltivati in terra, maturati dal sole ed elaborati da creativi culinari stellati.
Da un po’ di anni molti chef hanno ritrovato la via del ritorno all’orto, al fienile e al pollaio. In tutti i libri di cucina ci sono prodotti di base, come uova, latte e verdure. Tuttavia, niente è più difficile che trovare uova davvero buone e latte davvero genuino, o prodotti ortofrutticoli veramente freschi, cioè maturati al sole e raccolti. Sono tanti gli chef che stanno seguendo questa idea, recuperando quel rapporto stretto con le materie prime stagionali, capace di garantire ancor più gusto in cucina.
E poco importa se in campagna o addirittura nel cuore della città, un quadrato di terra dove coltivare ortaggi e verdure da utilizzare poi in cucina è diventato un must. Alcuni fanno la loro salsiccia, il loro burro, il loro aceto, il loro olio, altri coltivano le loro verdure, allevano i loro polli, le loro capre, i loro maiali e raccolgono il loro miele; producono i loro piatti da veri artigiani.
Nel grande ristorante di domani lo chef con il suo orto vive in una sorta di autosufficienza, producendo da sé parte di ciò di cui ha bisogno, seguendo il principio dell’economia contadina.
Non si butta via niente, non si spreca, si ricicla il più possibile, si conserva, si usano le cime e le radici e si fa il compost. Obiettivo? Eliminare gli sprechi e realizzare piatti creativi e gustosi, con materie prime fresche e di stagione. Avere il controllo assoluto sulla qualità e le caratteristiche di quei sapori che sono determinanti per il successo dei piatti. E così l’orto, curato con la stessa passione delle pietanze, diventa la “dispensa” del grande chef, tanto da diventare la nuova frontiera della gastronomia d’eccellenza. Tutto parte dall’orto. È una filosofia di vita e di cucina, ma è anche una semplice evidenza: se non si ha un grande prodotto non si può avere un grande risultato nel piatto.
Monitorare i ritmi della natura per valorizzare al massimo il sapore è imprescindibile per ogni chef che ha come obiettivo la perfezione.
Stagionalità è la parola chiave. L’anno solare può essere idealmente scandito da un elenco di verdure; ogni mese ha i suoi climi, ogni stagione ha il suo protagonista vegetale. C’è attenzione anche al “foraging” cioè l’arte di raccogliere il cibo selvatico, le erbe spontanee. In questa tendenza protagonista diventa anche il sottobosco: sulla scia della cucina nordica, ma anche di tradizioni antichissime oggi di nuovo esplorate.
Gli chef che raccolgono specie selvatiche commestibili stanno innescando una riflessione sulla biodiversità alimentare. Conoscere varietà di piante dimenticate è anche un modo per rafforzare il legame con l’ambiente; è un credo che esalta il nesso indissolubile fra umanità e natura, dove l’antica sapienza artigianale ha lo sguardo proiettato al futuro. Dal nord al sud del Belpaese paladini illustri e multi-stellati guardano ad una cucina contemporanea sempre più “custode” di biodiversità e sempre più attenta all’origine e alla purezza del prodotto.
Chef stellati green con l’orto: i migliori ristoranti d’Italia da provare
- Si dice che il primo in assoluto sia stato Enrico Crippa, tre stelle Michelin, che in Piazza Duomo, ad Alba, propone una cucina perfettamente integrata con ciò che offre il suo orto. Un piccolo eden con oltre 400 specie vegetali, tra botaniche e orticole, tutte da mangiare; dove lo chef più mistico d’Italia si reca personalmente ogni giorno per selezionare e raccogliere ortaggi, erbe e fiori che poi finiranno nei suoi piatti.
- Anche Christian Milone, discepolo di Crippa, influenzato dal suo maestro ha creato il suo orto nella Trattoria Zappatori a Pinerolo.
- Lo Chef stellato Massimo Spigaroli a Polesine Parmense, incanta occhi e palati con suo orto-giardino, all’ingresso dell’Antica Corte Pallavicina, un castello del 1300.
- Il talentoso David Cattoi, Executive Chef del Re della Busa e del Bistrot Tremani al Lido Palace di Riva del Garda, ha come punto fermo la ricerca della qualità. Nel grande giardino dell’hotel 5 stelle che si affaccia sul Lago, lo chef coltiva un rigoglioso orto con le erbe aromatiche tra cui spicca la sua “ossessione”: la maggiorana.
L’orto fiore all’occhiello di brigate stellate.
- Michelangelo Mammoliti è tra gli interpreti più interessanti della cucina vegetale improntata sulla stagionalità; con il suo orto racconta di come è cambiato il suo modo di fare cucina: passata dal dimostrare la tecnica attraverso l’ingrediente, a mostrare invece l’ingrediente mediante la tecnica.
- La natura e i suoi ritmi sono i canoni ispiratori di Antonia Klugmann, che crea e sperimenta nel ristorante L’Argine a Vencò, mantenendo sempre al centro del suo lavoro l’ingrediente. Con il suo orto, adiacente al ristorante, prende sempre più spazio il concetto di giardino selvatico e di foraging, puntando sulle erbe selvatiche tipiche del territorio.
- L’istrionica Cristina Bawerman, regina di Romeo Chef & Baker e Giulietta Pizzeria al Testaccio, attinge ai prodotti della fattoria di Fiorano, a pochi chilometri da Roma nel bel mezzo del Parco Dell’Appia Antica.
- Lo Chef Peter Girtler, che vanta 2 stelle Michelin, nella sua Einhorn Stube al Romantik Hotel Stafler di Vipiteno, crea deliziose specialità con i prodotti a km zero dell’azienda agricola della famiglia Stafler, come speck, salsicce, uova, erbe e ortaggi del proprio orto.
- Nel cuore della Penisola Sorrentina, sorge il regno di Peppe Guida, considerato il re della pasta secca. La sua è una cucina di anima contadina, golosissima, rinfrescata qua e là da tocchi originali. Il suo orto bio si espande su vari ettari, sulle colline della Penisola Sorrentina, con una magnifica vista sul Golfo di Napoli.
Le coltivazioni si alternano e danno vita a piatti celebri.
- Il legame di Pietro Zito con la terra è rappresentato dal suo incredibile orto biodinamico, espressione del culto di questo “cuoco contadino”, che non ama essere chiamato chef. “Seminare, coltivare, raccogliere”, dalla terra alla tavola è la sua filosofia.
- Moreno Cedroni, – chef ambasciatore del gusto 2 Stelle Michelin-, de La Madonnina del Pescatore a Senigallia, corona il suo sogno con un orto marittimo, situato interamente sulla spiaggia. Una coltivazione di erbe aromatiche tipiche della macchia mediterranea da utilizzare nei piatti del ristorante.
Questi sono solo alcuni dei nomi che hanno abbracciato la svolta green, ma il trend degli chef stellati che curano il loro orto è in crescita. Per loro il denominatore comune dentro e fuori il ristorante è: rispetto per l’ambiente, per la materia prima, per i commensali e anche per loro stessi. Creatività e tecnica al servizio della qualità, perseguendo la perfezione.
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