Franca Sozzani, “il Direttore” come si faceva chiamare, ” la Signora della moda italiana” come era riconosciuta da tutti, ha rivoluzionato il giornalismo visivo, è stata anticonformista, osservatrice attenta, costruttrice di sogni.
Un modello di fedeltà alle proprie scelte coraggiose, ha saputo sempre anticipare i tempi, per la sua innata capacità visionaria e pragmatica. Possedeva una visione olistica nella quale tutto era interconnesso; da questa prospettiva attingeva la sua espressione creativa; anticipatrice del predominio dell’immagine, molto prima dell’avvento dei social. Grazie alle contaminazioni delle arti e al suo flirtare con le fotografie, Vogue è diventata la migliore rivista al mondo, in principio della carta stampata e poi anche della piattaforma on-line.
Franca Sozzani: la Signora della moda
Nasce a Mantova il 20 gennaio 1950 da famiglia borghese, padre ingegnere e madre casalinga. Capelli biondi, occhi azzurri, minuta, sempre graziosa ed elegante. Dopo il liceo classico si laurea in Lettere e Filosofia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Si dice che avrebbe preferito studiare fisica, ma il padre pensava che non fosse la scelta giusta per una donna.
A 22 anni si sposa con il ragazzo che, a soli 15 anni, aveva conosciuto durante una vacanza a Sanremo; il matrimonio dura solo 3 mesi e divorziano. In seguito alla delusione sentimentale, decide di partire, di mettersi in viaggio alla scoperta di se stessa. Prima l’India, a seguire Berlino e poi Londra, dove rimane folgorata dal fermento culturale e creativo, trovando la sua vera vocazione.
“Quando sono andata a Londra, ho trovato un mondo totalmente nuovo: non solo il mio approccio ai vestiti, ma anche il mio modo di vivere. Stavamo respirando una specie di aria completamente anti establishment, forse nella mia testa non sono mai tornata. Si sentiva realmente l’odore della libertà, questo ha cambiato del tutto il mio modo di pensare”.
(F.S.)
La sua carriera nella moda inizia a 25 anni; al suo ritorno in Italia, riscrive il suo destino.
Muove i primi passi come segretaria nella casa editrice Condé Nast Italia, che pubblica Vogue e altri magazine come Vanity Fair, GQ e Wired. E’ ancora lontana dal mondo della moda, finché ottiene il ruolo di assistente presso la rivista Vogue Bambini. Prende tutto molto seriamente, apportando idee e mettendo in mostra il talento innato, fino a diventare negli anni ’80 la direttrice di “Lei-Glamour” e poi anche della versione maschile “Per Lui”.
Inizia a farsi strada grazie al suo grande intuito.
Quando il celebre fotografo Oliviero Toscani si allontana dalle pubblicazioni della giornalista, Franca si trova costretta a trovare nuovi fotografi. Indomita, capace di riconoscere il talento come pochi altri, comincia a dare visibilità a “emergenti” del mondo della fotografia, che da lì in poi diventeranno i mostri sacri degli scatti di moda: personaggi come Steven Meisel che aveva incontrato la prima volta in un baretto al West Village; il regista e fotografo Bruce Weber che di Franca dice:
“Mi ha insegnato a rompere le regole e a uscire dal mondo borghese della moda”;
ma anche Peter Lindbergh, Paolo Roversi, Mario Testino.
“ Prima della moda, io amo le immagini”
Il 1988 però sarà l’anno della svolta.
Franca assume con autorevolezza la direzione di Vogue Italia, esattamente quando Anna Wintour si insedia a Vogue America. Per uno strano scherzo del destino le due “Regine” amiche-nemiche, diventano parenti in seguito al matrimonio dei loro figli: Francesco Carrozzini e Bee Shaffer, secondogenita della Wintour. Sotto la sua direzione, Vogue si trasforma in una rivista autobiografica, un riflesso del suo stile, della sua ribellione; i servizi di moda si mescolano con l’attualità e le tematiche sociali. E’ determinata a catalizzare l’attenzione della portata mediatica della rivista, per trasmettere messaggi importanti, non solo vestiti, profumi e trucchi.
Usando la sua influente posizione, rivoluziona e sovverte un intero sistema di comunicazione collaudato ma forse stantio. Spinge concetti attraverso immagini, lascia libera espressione creativa a tutti i fotografi con cui collabora, che la ripagano con scatti che hanno contribuito a plasmare l’estetica contemporanea. Le sue copertine, di forte impatto estetico ed emotivo, assumono toni provocatori, a volte ironici, caustici, fino a sacrificare la patina luminosa, tipica delle riviste di moda. Per lei la fotografia rende accettabili i messaggi più controversi, trasformandoli in opere d’arte. Con la sua innata capacità di scegliere sempre lo scatto perfetto, mescola, sovrappone, sperimenta, denuncia, si prende i suoi rischi e se ne assume le responsabilità.
«Se per passare da un punto all’altro c’è di mezzo un muro, buttalo giù»
F. Sozzani
Non teme le critiche, fino a rischiare più volte il licenziamento, per i suoi atteggiamenti irriverenti e i messaggi destabilizzanti per il pubblico dell’alta moda. Mai nessuno come lei ha affrontato e creduto alla moda in quanto fenomeno culturale, aprendola alla società, al cinema, all’arte, alle questioni politiche, sociali e persino ambientali.
Le immagini parlano un linguaggio universale.
Nel 2008 uscì l’edizione speciale “Black Issue” che impiegò solo modelle di colore e creazioni di designer africani; lo scopo era di sensibilizzare la moda internazionale e l’opinione pubblica in merito allo scarso utilizzo di modelle “black” rispetto a quelle di pelle chiara. Nel 2016 le fu conferito il premio ”la moda veste la pace” per aver lanciato il messaggio contro il razzismo.
Era l’aprile del 2010, quando al largo del golfo del Messico ci fu uno dei peggior disastri ambientali dovuto allo sversamento di tonnellate di petrolio da una piattaforma. In quell’occasione “la Signora della moda”, insieme a Steven Maisel, ideò l’editoriale più controverso di sempre: “Water & Oil“; sono state ritratte bellissime modelle in abiti haute couture, ricoperte di petrolio e intrappolate in acque inquinate; immagini al limite del disturbante.
Seguì la crociata contro l’anoressia che raggiunse il culmine con la pubblicazione dell’indimenticabile cover “Belle vere” con protagoniste solo modelle curvy. Il fine ultimo era avvicinare i canoni di bellezza della moda a quelli delle donne reali, promuovendo una nuova femminilità, sempre per mezzo dell’obiettivo di Meisel. Passò alla storia anche la battaglia contro la chirurgia estetica, con una copertina ironica e provocatoria che ritraeva una modella bellissima con il viso tutto fasciato dopo un’operazione estetica. Fu invece chiamata “Horror Movie” la copertina che denunciava la normalizzazione culturale della violenza domestica contro le donne.
Con coraggio e, a detta di alcuni con arroganza, lo “storico Direttore di Vogue” ha flirtato con le immagini; ha registrato la realtà e l’ha diffusa, attraverso il filtro delle foto patinate e l’occhio artistico dei fotografi.
“Sì sono una vincente! Non perché sia presuntuosa, ma perché tutte le mie idee hanno avuto successo. Sono una donna che lavora e lavora parecchio e si è battuta per le cose che ha voluto, anche rischiando. Per tre volte mi stavano licenziando, ma se fai un lavoro in cui credi e hai la fortuna che ti riconoscono le cose che hai fatto, sì forse a quel punto hai potere. Vuol dire che hai vinto tu nell’esporre le tue idee”.
Donna dallo stile molto femminile, fatto di abiti, cappotti, cardigan e gioielli dall’allure vintage, aveva un amore spassionato per YSL e Azzeline Alaïa. Prediligeva un aspetto naturale, originale e mai estremo. La ricordiamo per la sua classe, per l’immenso contributo dato alla moda, al Made in Italy e alla scoperta di talenti, che ha sempre sostenuto con competenza e passione.
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